domenica 21 dicembre 2014

Cosa può farti un ricordo

La storia dell'amore” di Nicole Krauss – Editore Guanda 


Questo è un romanzo dove ognuno può scegliere il protagonista che preferisce.
C’è Leo Gurski, che giunto alla fine dei suoi giorni sogna di diventare uno scrittore, senza sapere di esserlo già.
C’è Alma, che deve il suo nome alla protagonista di un romanzo introvabile.
C’è Zvi, che ha pubblicato un libro per amore di una donna.
Un romanzo che parla di libri, di letteratura, persino di traduttori letterari, dove le voci dei personaggi si snodano, intrecciando il passato con il presente, seguendo non un ordine cronologico, ma narrativo.
Per certi versi proprio questo ordine-non-in-ordine, che mi ha ricordato quello della serie tv “Once upon a time”, ha reso avvincente la lettura.
Nonostante un finale che può sembrare affrettato, mi sento di consigliare questo libro, perché è ricco di quelle immagini che è un piacere trovare in un romanzo.
Come la descrizione dell’incontro tra Leo e il suo migliore amico, disperso e dato morto.
Come una pagina del quaderno di Alma (grazie al quale ci racconta la sua storia) intitolata “Ricordi tramandati da mia madre a me”. Una pagina che ha fatto venir voglia anche a me, di mettere per iscritto i ricordi che mi sono stati raccontati, per non perdere quella ricchezza di emozioni che riescono a suscitare anche solo ascoltandoli.*
O la descrizione di come nasce una storia d’amore: “e di nuovo rimasero a parlare animatamente per ore: parlarono del suono del violoncello, dei film muti e dei ricordi che entrambi associavano all’odore del mare.”

Ecco, questo è un romanzo che parla di memorie: il ricordo di un amore, di un padre perduto, di scrittori scomparsi. Persino il ricordo di un libro o quello di un elefante che si è visto da bambini e non si sa se è vero. 
Dove le azioni dei personaggi sono legate proprio a questo, i loro ricordi. Di come questi scavino dentro di noi e lavorino per conto loro, per portarci a compiere gesti che non ci aspettavano.








*(Per esempio, io mi ricordo di un padre di famiglia, stanco e sfiduciato dagli anni che passano. Quando gli ho chiesto: <<Come si fa a riconoscere l'amore-quello-vero-che-dura-nel-tempo?>>. Lui, che sosteneva fosse possibile, si è acceso al ricordo della moglie. Quando erano due ragazzi e si erano persi di vista a causa di qualche incomprensione. E poi, per caso, quando non ci pensavano neanche più, si erano rivisti.  E lui non lo sa perché, ma gli abiti che lei aveva indossato quel giorno se li ricorda alla perfezione. Una gonna chiara fino al ginocchio e una camicetta bianca a righine gialle che per lui erano il paradiso.)








mercoledì 3 dicembre 2014

Londra è un orologio (e le guide turistiche sono la mia passione)

Michele Monina è riuscito a realizzare un mio grande sogno: una guida turistica che si legge come un romanzo, con tanto di liste di canzoni e libri di riferimento. Partito nel 2012 con l'intenzione di realizzare una collana dedicata all'Europa, il suo non è solo un reportage volto a raccogliere informazioni turistiche ma anche e soprattutto a raccontare l'aria che si respira negli anni della crisi economica. Ad accompagnarlo, la sua “tribù”: moglie e quattro bambini.


Caro Michele,

devo ammettere che nonostante i tuoi cinquantaquattro libri non ti conoscevo.
Laurana Editore

Non ti conoscevo neanche come critico musicale, sempre per colpa mia che raramente mi capita di leggere un articolo che parli di musica. Perché infondo come diceva il vecchio Frank, è come ballare di architettura, più che altro si parla di quello che la circonda e qui mi viene in mente il mitico Lester Bangs. Chissà se lo conosci quel film Almost famous, che parla di gruppi rock, localacci e di groupie, dai quello del <<Sono un dio dorato>>, dove Lester è interpretato da Philip Seymour Hoffman. Non puoi non averlo visto!
Se dovessi fare una classifica alla Hornby di Alta fedeltà, del tipo “I cinque migliori film recenti che parlano di musica”, forse lo metterei al terzo posto subito dopo Acrosse the Universe e I love Radio Rock.

Ma non divaghiamo, anche perché in questo Michele, sei un maestro, il tuo saggio/guida è pieno di “non potete perdervi Hyde Park, ma di questo parleremo più avanti…” oppure “se volete fare un esperienza mistico-culinaria aspettate di leggere il prossimo capitolo”.
Ecco, a parte questo la tua guida mi è piaciuta veramente tanto. 

E’ perfetta per chi a Londra non è mai stato (tipo io, Michè), per cui sono utili le informazioni su come muoversi già dall’aeroporto. E per una come me, troppo pigra anche solo per googlare, non sono affatto informazioni banali. Per non parlare degli itinerari, si passa da quelli convenzionali a quelli più ricercati e insoliti, anche se tu sei un poco poco fissato con Alan Moore, lasciatelo dire.

Bella l’idea di dividere la guida in capitoli che hanno come filo conduttore le parti del corpo umano. Mi è piaciuto parecchio quello della pelle, per parlare dei posti legati alla passione e al divertimento, come Stonehenge e quella che sembra essere una chicca meravigliosa, Legoland!
Mi hai un po’ deluso però nel capitolo “stomaco”, ecco io mi sarei aspettata una sfilza di consigli su dove mangiare piatti esotici o tipicamente english e invece, mi sono ritrovata al primo posto dei cibi da non perdere il vecchio e unto fish and chips! Ma tranquillo, ti sei ripreso alla grande nel capitolo “cuore”, sulla gente del posto. In particolare parlando dei Chumleigh multicultural garden, un posto davvero originale che non conoscevo e che ci dovrebbe rendere pure un pochetto orgogliosi, visto che ci ha lavorato anche un gruppo di architetti italiani. Credo proprio che ora diventerai la mia guida di riferimento da consultare prima di partire e intanto, vado a recuperare gli altri volumi del “Grand Tour de Force”.
See you later!



sabato 22 novembre 2014

Dove finisce il romanzo, cominciamo noi stessi

Commento a "Le ore" di Michael Cunningham. Le parte in corsivo sono riprese dal testo.

Edizione Bompiani
Virginia.
Laura.
Clarissa.
Io.
E una canzone di Lucio Dalla e De Gregori.

Amare la vita, Londra, questo momento di giugno e Roma, i vicoli e la quotidianità che li pervade.

Essere profondamente contente per delle immagini improvvise che si presentano a spezzare la routine e che sembrano magiche – irreali, che durano un attimo e sembrano essere state realizzate perché tu le possa apprezzare, come l’ombra di un uccello che lascia strisce di bianco brillante e verde.

Essere piene di un amore così forte, così privo di ambiguità, che assomiglia all’appetito.

Fare cose strane, come affittare una camera in albergo per poter passare qualche ora a leggere o sentirsi in pace in un centro commerciale tra gli scaffali pieni di cose anche se non le si vuole comprare.

Desiderare che un momento duri per sempre o almeno abbastanza a lungo per essere vissuto e ricordato come merita.

Vedersi dal di fuori e chiedersi se la nostra immagine corrisponde a quello che siamo veramente, a quello che abbiamo dentro. E chiedersi come fanno gli altri a ricordarsi, a fare in modo di essere, ogni giorno e ogni ora, sempre la stessa cosa, a recitare sempre lo stesso personaggio?

Fermarsi all’improvviso all’angolo di un strada per ricordare un momento passato e chiedersi come sarebbe stato il futuro rifiutato, che si sarebbe svolto da qualche parte in Italia o in Francia, fra grandi stanze assolate e giardini; sarebbe stato fitto di infedeltà e grandi battaglie; sarebbe stato una grande e duratura storia d’amore basata sull’amicizia così bruciante e profonda che li avrebbe accompagnati fino alla tomba, e forse anche oltre.

Pensare che sarebbe potuta entrare in altro mondo.

Chiedersi come sarebbe stato un bacio.

Sentirsi pazza solo a pensare certe cose, perché lei vuole essere amata. Vuole essere una madre brava che legge una fiaba al figlio, vuole essere una moglie che apparecchia una tavola perfetta. Non vuole, non vuole affatto essere una donna strana, una creatura patetica, piena di stranezze, di rabbia, solitaria, cupa, una persona sopportata ma non amata.

Sapere che il diavolo è nascosto dietro un mal di testa. Riconoscere che il diavolo è non credere in se stesse, è non aver fiducia in se stessa. Il diavolo succhia tutta la vita dal mondo, tutta la speranza, e quel che resta quando il diavolo ha finito è un regno di morti viventi – privo di gioia, soffocante.

Ascoltare il racconto di un amico che la notte prima ha fermato l’automobile nel deserto dell’Arizona ed è rimasto immobile sotto le stelle finché non ha sentito la presenza della sua anima, o comunque si voglia chiamarla, quella parte che era stata un bambino e che ora – sembrava solo un momento dopo – era in piedi nel silenzio del deserto, sotto le costellazioni. E ritrovarsi in questo racconto, perché quando si è di fronte al panorama di un paesaggio ci si sente vivi e allo stesso tempo parte di qualcosa.

Amare i treni e le loro destinazioni e quella felicità che si prova nel momento in cui si è diretti verso un nuovo posto, mentre alle spalle si è lasciata una situazione complicata e, sentirsi liberi, come gli spiriti, liberati dai loro corpi terreni ma ancora in possesso della parte essenziale di sé.

Chiedersi dove finisce il romanzo e cominciamo noi stessi e come è possibile trovare sempre qualcosa di noi in quello che si legge.


Decidere di amarsi e sorridere perché il passato è diventato – lo abbiamo fatto diventare – un bel ricordo e non un rimpianto. Andare avanti, senza paura e senza bisogno di certezze.


Il test di Murakami

Leggendo "Norwegian Wood" l’idea che vi siete fatti è la seguente:

Edizione Einaudi



a) Murakami è un fascista, un misogino e odia le lesbiche. Per lui le donne sono sempre arrapate, pronte a saltarti addosso (e infatti anche Naoko, che è una frigida, si dà da fare). Rabbrividite di fronte a quella pazza di Midori e alla sua passione per i cinema osé. Non leggerete mai più niente di suo, sicuro.



b) Murakami è il Paulo Coelho dei giapponesi. Per voi Norwegian Wood non è altro che una scopiazzatura leggermente più raffinata di Veronika decide di morire. E almeno qui qualcuno decide di farlo, santo cielo. Se interpellati in proposito, la vostra reazione sarebbe: <<Leggere altro di questo...“scrittore”? Assolutamente no, lo condivido solamente quando dice: “Se uno legge quello che leggono gli altri, finisce col pensare allo stesso modo. Queste cose lasciamole al mondo dei provinciali, alle mezze calzette.” Per favore, e poi Norwegian wood è l'unica canzone dei Beatles che proprio-non-si-può sentire.>>



c) Murakami?! Un genio! Finalmente qualcuno che vi capisce, che riesce a dar voce a quei dettagli che pensavate di essere i soli a notare. E di cui non avete mai osato parlare, per non rischiare di passare per pazzi o – peggio ancora – per i “soliti malinconici”. Non riuscite ancora a spiegarvi come questo romanzo, che parla di morti suicidi e di (frequente) sesso tra sconosciuti, abbia una certa grazia e vi abbia lasciato con una sensazione di speranza, di rinnovamento per il futuro. I personaggi più belli sono certamente Reiko, Hatsumi e Midori. E oltre ai discorsi di Midori, i capitoli del sanatorio in montagna sono decisamente i vostri preferiti.

Adesso, in base alla lettera che avete scelto, troverete il personaggio del romanzo che meglio vi caratterizza:



a) Siete Sturmtruppen. 
Probabilmente il vostro coinquilino ha già sostituito il poster di Amsterdam che avevate appeso con l'immagine di un iceberg e, racconta aneddoti su di voi. Tornate ai vostri esercizi ginnici.


b) Siete Nagasawa. 
Certo, non farete la fine del vecchio Gatsby, il vostro cinismo vi permette di rimanere sempre a galla. Ma poi, cosa ci troverete voi nel grande Gatsby? Evitate le relazioni a lungo termine.


c) Non c'è niente da fare, voi siete Toru.
Vi basta una sonatina con la chitarra, una bella ragazza vicino e per voi il mondo sembra girare nel giusto verso. Imparate a cucinare e non sarete mai soli.

La paura del primo post

Le prime volte fanno sempre un po' paura: 
pensa al primo giorno di scuola, 
o al primo tuffo fatto in piscina, 
il primo bacio 
e il primo bacio dato a una persona che ti piaceva veramente tanto,
la prima volta che hai dovuto parlare ad un pubblico,
o quando hai guidato la macchina da solo.
Persino il primo post di un blog fa paura.
Ma in tutte queste prime volte, oltre alla paura, 
ti accompagna la voglia di scoprire qualcosa di nuovo, 
d'inaspettato – la silenziosa ricerca di trovare ciò che ci rende vivi. 
Come un segreto che si rivela. 
E' la sensazione di aver superato l'ostacolo, 
di avercela fatta, di essere riuscito a raggiungere il tuo (piccolo) traguardo. 
E ti sentirai più ricco: in un modo che non riesci a spiegare, ti sentirai pieno, 
ti sembrerà anche di conoscerti meglio.
Spero che anche questa volta sia così.